L'Appennino bolognese raccontato a fumetti: un atlante fatto di mappe, sogni e avventure ambientate nei territori delle valli Savena e Idice.
"Piccolo Atlante della Valle - Visioni tra Savena e Idice un volume collettivo nato dal progetto del Distretto Cultura Savena-Idice Fumetti in biblioteca: un linguaggio da conoscere, fruire, promuovere, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna e patrocinato dall'Accademia di Belle Arti di Bologna.
La pubblicazione (edizioni Comma 22) e la mostra itinerante sono frutto del lavoro corale in ambito culturale dei sei Comuni del Distretto Culturale (Pianoro, Loiano, Monghidoro, Monterenzio, Ozzano dell’Emilia e San Lazzaro di Savena) e sono esempio concreto e originale di incontro tra cultura e promozione del territorio."
"Il volume ha visto la curatela di Otto Gabos, artista e docente del corso di Fumetto e Illustrazione dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, e la supervisione del Tavolo delle Biblioteche del Distretto Savena Idice. Sette artisti, ovvero Giuseppe Bertozzi, Kalina Muhova, Gabriele Peddes, Chiara Raimondi, Silvia Righetti, Martina Sarritzu ed Elisa Turrin hanno esplorato e girovagato nei territori sotto la guida di figure esperte locali con l'obiettivo di raccontare i luoghi e le storie più intriganti di questa parte di Appennino bolognese, che diventa protagonista."
Ho scelto di raccontare il territorio di Pianoro (BO) collegando alcuni avvenimenti e personaggi che ho trovato fondanti e caratterizzanti.
[1] Lavorando un campo con l’aratro, in località Gorgognano, viene dissotterrato accidentalmente un lungo osso. Inizialmente fu scambiato per una zanna di elefante preistorico (erano già stati fatti ritrovamenti simili nella zona del contrafforte pliocenico), poi ampliando gli scavi si scoprì che si trattava di una costola appartenente ad un intero scheletro di balena, rimasto sepolto per 5 milioni di anni, cioè da quando il mare Adriatico batteva sulle nostre colline. Attualmente sul luogo del ritrovamento è presente un monumento celebrativo e lo scheletro è conservato al Museo Geologico di Bologna.
[2] Durante il secondo conflitto mondiale, Pianoro fu completamente sfollata e rasa al suolo dai bombardamenti, risultando così uno tra i comuni più sinistrati d’Italia (distrutto al 98%). La stessa sorte toccò al millenario Santuario del Monte delle Formiche. L’edificio sorge sullo strapiombo di un costone di 638 metri, che fa da spartiacque tra Val di Zena e Valle dell’Idice. È da sempre luogo sacro, riporta infatti tracce di luoghi di culto risalenti all’epoca pre-romana. La posizione strategica del Santuario fu sfruttata nell’inverno del 1944 come base della cesar line tedesca (detta winter line dagli alleati) e l’edificio subì notevoli danni da una serie di colpi di carrarmato americano.
[3] La “santona” di Rastignano, la Sampira, praticava cure attraverso medicina alternativa e benedizioni. Segnava il fuoco sacro e scioglieva il malocchio. Pare leggesse anche la mano e spesso le sue visioni si avverassero (predisse la vittoria di Alfonso Fonso Calzolari, ciclista di Vergato, al giro d’Italia del 1914). Non chiedeva alcun tipo di pagamento ma si sostentava con le offerte libere ai visitatori, che la raggiungevano anche da fuori città. Visse in paese fino al 1958 e morì poco dopo Natale, la notte in cui “trasmise” i poteri alla nipote.
[4] Ogni anno, nella prima decade di settembre, si ripete un fenomeno naturale antichissimo. Una varietà di formica alata chiamata Myrmica Scabrinodis migra in grandi sciami dall’Europa centrale e compie il suo rituale di accoppiamento al Monte delle Formiche (da qui il nome). I maschi muoiono, le femmine tornano al luogo di origine, per poi riprendere il viaggio l’anno successivo. Al fenomeno è sempre stato attribuito un significato prodigioso e “curativo”. È inoltre credenza che le formiche scelgano questo luogo e questo periodo dell’anno per omaggiare la Vergine Maria, la cui nascita è celebrata ogni 8 settembre.
[5] Gli anni del dopoguerra a Pianoro richiesero grandi investimenti dedicati alla ricostruzione, guidati dal sindaco Muccini (1951-1970) e Nannetti in seguito (1970-1980). Questi sforzi furono le basi che permisero un incredibile sviluppo economico nella vallata, che si consolida negli anni ‘60 e prosegue portando Pianoro a diventare uno dei poli
economici più ricchi della regione.